Dieci domande a… Elisabetta Venturi

Torna l’appuntamento con le interviste, oggi ho fatto quattro chiacchiere con Elisabetta Venturi, autrice del romanzo “Il vestito rosso“, targato LAND Editore. A fondo pagina troverete anche la mia recensione del suo libro.

“Il vestito rosso” – Elisabetta Venturi

Come nasce la tua passione per la scrittura?

È nata in un modo un po’ singolare: prima ho cominciato a scrivere, poi è diventata una passione. Tutto è merito del mio primo romanzo e a una serie di coincidenze: parrucchiera e Pokémon Go. Ora ti racconto! Ho sempre avuto tantissimi hobby: mi piace sperimentare, inventare e creare. Ho cominciato a scrivere quasi per caso, poi “qualcosa” (non saprei dire cosa) mi ha portato a continuare… e, riga dopo riga, è nato il mio primo romanzo “Il vestito rosso”. Chiacchierando con la parrucchiera ho poi scoperto l’esistenza di Wattpad, un social che mi ha dato la possibilità di conoscere altri scrittori validi (più di me, e mi hanno insegnato davvero tanto!) e di poter sperimentare buttandomi in svariate sfide. Qui ho avuto le mie prime soddisfazioni a partire dai racconti horror.  Che c’entra Pokemon Go? Giocando in giro per la città ho conosciuto il proprietario di una scuola di corsi di scrittura. Ero scettica, avevo paura di “incasellarmi” in strutture rigide. Ho seguito due lezioni pensando “provo, poi vediamo”. Risultato? Le ho seguite tutte (circa 30), ho fatto affiancamento e ora insegno. Dici che mi è piaciuto? 😉

C’è stato un autore che ti ha formata e/o influenzata maggiormente?

Il mio grande amore per Stephen King è innegabile, lo ammetto! E, spero, di aver avuto un po’ della sua influenza nei racconti horror. “On writing” non l’ho solo letto, ma anche studiato. Sì, lo so… il mio primo romanzo è una storia d’amore, ma ti svelo un segreto: nella sua idea iniziale doveva essere un thriller, poi Marta, la protagonista, ha deciso che la strada che  avevo pensato per lei non le stava bene, così ha cambiato genere alla storia! Diciamocelo: l’indole di Marta e il suo percorso di crescita e introspezione non potevano portare a diventare una “stalker assassina”. Per tornare a noi, ammetto di aver letto anche molti libri di Nicholas Sparks o Jojo Moyes, ma non mi sento di aver avuto una vera e propria influenza da qualche scrittore. Sicuramente negli ultimi anni ho scritto tantissimo, sperimentato generi diversi e cercato il mio stile, influenzata dai corsi di scrittura che ho seguito e dalle persone che ho incontrato nel mio percorso di scrittrice.
“Il vestito rosso” è stato totalmente “riscritto” dopo questo studio. 

Dove trovi l’ispirazione per le tue storie?

Frequentando i corsi di scrittura ho scoperto di riuscire a tirarle fuori anche dal nulla e rileggendole a volte mi chiedo: “ma come diavolo mi è venuta in mente questa”?  Attingo tanto anche dalla realtà: un piccolo elemento, un oggetto, un gesto o una battuta possono essere sufficienti a scatenare un’idea. Per questo motivo giro sempre con un blocchetto di appunti in borsa per segnare qualunque cosa mi possa sembrare utile. La situazione e l’idea non sempre sono “allineate”: da un momento romantico mi può venire in mente un racconto drammatico, da un momento di noia qualcosa di comico, dall’ufficio… escono per lo più horror… non credo serva dettagliare oltre. Scrivere per me è relax o esorcizzazione della realtà.

Quando scrivi segui una scaletta o costruisci la trama strada facendo?

“Il vestito rosso”, nato da novellina, è stato scritto strada facendo (scaletta compresa, scritta a posteriori per controllare la coerenza e le tempistiche della storia). Ora, che ho molti più strumenti e molta più esperienza, per cose complesse parto dalla scaletta. Restano comunque alcuni racconti che escono di getto e mi appunto la scaletta scrivendo.

Hai abitudini particolari per scrivere? Orari, luoghi, ecc?

No, ogni volta è diversa. Faccio mille hobby, scrivo e sperimento generi diversi… ormai avrai capito che non sono così abitudinaria. Sfrutto il weekend per scrivere cose lunghe e impegnative, perché quando entro nel mood e nella storia spesso non riesco a fermarmi. A volte scrivo su carta (soprattutto le cose corte), altre volte a pc. La carta cambia sempre: blocchi strutturati o fogli improvvisati. Ho la mia postazione alla mia scrivania, ma vago per casa: letto, divano, altra scrivania, tavolo della sala, tavolino ricavato sul balcone durante il lockdown (in un minuscolo spazio vitale, come direbbe il genio di Aladdin). Scrivo anche al parco o durante la pausa pranzo in ufficio. Unica certezza: non riesco a scrivere ascoltando musica, come invece fanno in tanti. Mi è capitato di sfruttare il rumore ambientale: il suono del temporale, il crepitio di un camino… cose del genere. 

Qual è il tuo pubblico ideale? A che lettore pensi quando scrivi?

Non penso a un pubblico o a un lettore ideale. Penso a come vorrei la storia, a cosa metterci dentro. Direi che penso prima di tutto a me: scrivo per il gusto di farlo. Ci metto dentro quello che è importante per me, anche se può essere impopolare. Magari penso a che emozione voglio suscitare e come arrivarci. 

Quanto c’è di autobiografico nei tuoi libri?

Nel mio primo romanzo c’è tanto di me sparpagliato qua e là. Però le dinamiche e le vicissitudini dei protagonisti sono tutte inventate. Quello che si può trovare sono passioni, stati d’animo, modi di vedere la vita, piccoli gesti quotidiani. Ora che ci penso, in effetti “L’uomo in fuga” l’ho lanciato davvero contro a un muro… e questo lo fa anche la mia protagonista. A forza di studiare e scrivere, ora riesco a creare personaggi anche molto distanti da me e ho imparato a spaziare tanto. 

Quali tematiche ti piace affrontare?

Un po’ di tutto. Scrivo horror, thriller, romance… Sicuramente ci metto dentro i “miei” princìpi: accettazione, lottare per quello che si vuole ottenere, diversità, concederci la possibilità di sbagliare. Mi è capitato di toccare temi come la violenza sulle donne o l’importanza di come apparire. Nel primo romanzo “il vestito rosso” ho voluto dare risalto al fatto che nella vita si fanno dei passi avanti e anche tanti passi indietro, ma questi non vanno a “cancellare” tutto il lavoro che stiamo facendo nel nostro percorso di crescita personale. Ci ho messo la possibilità di sbagliare (perché siamo umani), di non essere perfetti, di poter cambiare idea… ma soprattutto saper riconoscere e ammettere i propri errori e cercare di porvi rimedio, cose che ritengo importanti ma ahimè poco diffuse.

Tre aggettivi per descrivere i tuoi libri.

Per “Il vestito rosso” dicono scorrevole, emozionante, leggero. Per le altre storie, io cerco sempre di “affogarle” di emozioni… e spero che queste non manchino mai. 

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Di idee nel cassetto ne ho davvero una marea, e di ogni genere. Sto partecipando a un progetto per creare una raccolta di racconti horror ispirati a leggende delle regioni italiane e vorrei proporre alla mia casa editrice una raccolta di miei racconti vari (ne ho scritti almeno una quarantina). Poi ho una passione per i drabble, racconti di massimo 100 parole, e mi piacerebbe arrivare a scriverne 100 per farne una raccolta. Partecipo a qualche concorso ufficiale con racconti brevi. Per quanto riguarda i romanzi, ho una scaletta pronta per “il vestito blu” e una per un altra storia d’amore con qualcosa di magico in mezzo. Poi ho più elementi già pronti per un thriller a cui tengo molto, che però necessita ancora di molto tempo tra ricerche e preparazione.
Sono vulcanica e poliedrica: ogni cosa che mi stuzzica la fantasia, mi ci butto a capofitto. Ho visto di tisane con micro storie allegate o di storie raccontate tramite lettere… E ho pensato subito “ma che figata!”. Ho iniziato anche con un paio di libri game e un amico mi ha chiesto se ho mai pensato di scrivere la storia per un videogioco… Da dove partirò? Lo scopriremo solo vivendo (me compresa!) 

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Pubblicato da persa_nei_libri

Amante dei libri e della scrittura, adoro perdermi tra le pagine.